Tuesday, April 20, 2010

Perchè tutto comincia sui banchi di scuola

La proposta riforma della scuola lanciata dalla Gelmini, secondo cui le graduatorie per l'insegnamento verrebbero stilate in base alla residenza, è francamente allarmante. Al di là delle considerazioni relative al provvedimento in sè, leggo pretestuose giustificazioni ("un insegnante che risiede nel comune dove lavora garantisce continuità agli alunni", oppure, peggio "chi insegna deve conoscere storia e tradizioni del posto"), addotte per mascherare da riforma il provvedimento che, mi sembra evidente, è invece di stampo antimeridionalista.
Sono decenni che i giovani del sud vanno ad insegnare al nord, fanno supplenze di qualche mese, acquisiscono punteggio per poter trovare un posto vero nella scuola. Questa tendenza è figlia della maggiore offerta di insegnanti dalle regioni del sud, visto che, evidentemente, i livelli retributivi della professione non allettano i giovani settentrionali.
Ma contro questa tendenza è da anni schierata la Lega che già nel 1996 aveva lanciato la proposta di cacciare i professori meridionali dalle scuole del sud. "Assumeremo i meridionali nelle scuole e negli enti pubblici solo dopo che saranno stati collocati tutti i padani che avanzeranno richiesta d' impiego - aveva dichiarato l'allora segretario lombardo della Lega Roberto Calderoli -. Gli insegnanti meridionali la smettano di protestare e pensino a lavorare, e considerando il tasso di analfabetismo del Sud, riteniamo che del lavoro ce ne sia a sufficienza a casa loro".
Da allora la proposta è rimbalzata diverse volte, ma, come spesso accade con le idee leghiste, sembrava non potersi mai concretizzare. Ora la riforma della Gelmini potrebbe dargli una forma attuativa. E potrebbe essere solo l'inizio visto che il partito di Bossi è ormai indispensabile, nel nord, a Berlusconi.
E se fra un anno per allevare mucche padane ci volessero agricoltori che conoscono bene i pascoli del nord? E se per esercitare la professione forense al tribunale di Milano si dovesse essere laureati a Milano? E se i posti nelle università a numero chiuso del nord dovessero essere riservati prima ai residenti, perchè mica possiamo costringerli ad allontanarsi da casa se il posto glielo frega uno studente di Cosenza?
Mi sembra che quello che sta facendo Fini in questi giorni abbia un senso.

Tuesday, April 13, 2010

La libertà... per un pelo

Nel 1967 Fidel Castro annunciò la nazionalizzazione di tutte le piccole imprese private cubane, comprese quelle artigianali. Da allora, ad esempio, i barbieri cubani sono impiegati statali. Curiosamente proprio in quell'anno l'Europa e gli Stati Uniti vennero invasi dai capelloni che in Italia fondarono addirittura una "Barboonia City" a Milano, poi chiusa dalla polizia e celebrata pure da Guido Crepax. In più la rivoluzione cubana di Castro che depose il presidente Batista fu detta dei "barbudos", perchè i guerriglieri castristi erano sprovvisti di lamette e decisero quindi di farsi crescere una lunga barba, divenuta poi uno dei simboli del castrismo.
Oggi, proprio a partire dai barbieri, Cuba ha mosso il primo passo verso una nuova liberalizzazione economica che, come testimonia ad esempio la Cina, non comporterà necessariamente cambiamenti anche politici. Raul Castro ha infatti deciso che i barbieri dell'isola potranno fare richiesta per affittare il locale dove lavorano e mettersi in proprio, intascando direttamente il prezzo delle prestazioni e pagando le tasse. Un piccolo, storico, passo che a Cuba, ancora una volta, corre sul filo di un capello.

Sunday, April 11, 2010

Laura Palmer è morta da vent'anni

Giovedì scorso Twin Peaks ha compiuto vent'anni. Lo so, son passati tre giorni, ma qui scrivo per diletto e quindi faccio un po' quello che mi pare.
La prima puntata andò in onda sulla Abc l'8 aprile 1990 dopo una lunga gestazione cominciata tre anni prima, quando David Lynch e Mark Frost stavano lavorando insieme a un film su Marylin Monroe che poi non vide mai la luce. Il mistero su chi avesse ucciso Laura Palmer sbarcò in Italia qualche mese dopo, incollandoci tutti alla tv, affascinati ovviamente dalle atmosfere Lynchiane più che al thriller in sè.
I silenzi, i lunghi piani sequenza nei boschi dell'immaginaria cittadina al confine col Canada, i dialoghi non-sense tra alcuni dei personaggi, sono già ingredienti di ottimo cinema. Ma Lynch li sviluppò con grande maestria visiva, trasmettendo perfettamente la morbosa idea di trasgressione in una comunità chiusa e in cui, solo apparentemente, tutti sanno tutto di tutti. Ho letto qualche tempo fa che Lynch e Frost si chiusero in una sala di proiezione a guardare I Peccatori di Peyton Place prima di cominciare a disegnare la mappa di un paesino che sarebbe poi diventato Twin Peaks ed ha un senso, perchè, checchè ne dicano i detrattori della seconda serie, il telefim nasce come soap opera horror e ne è un magnifico, ed unico, esempio.
Per fare un salto indietro nel tempo c'è la foto di scena scattata da Richard Beymer (che faceva Benjamin Horne), oppure bastano tre minuti con il tema di Twin Peaks, fimato dall'italiano di Brooklin Angelo Badalamenti, che aveva lavorato con Lynch già in Velluto Blu.



Monday, April 05, 2010

L'ultimo incantesimo della Magic Box

"I'm not gonna give up anything". Lo ha detto il piccolo genietto sardo che divenne baronetto, Gianfranco Zola, oggi pomeriggio alla fine di una Pasqua che potrebbe essere di resurrezione anche per il suo West Ham. Gli "hammers", dai due martelli nel simbolo del club, oggi si presentavano in casa dell'Everton reduci da una disastrosa striscia di sei sconfitte consecutive, record negativo per il club londinese.
L'inizio del match è stato non proprio incoraggiante con Mido che si è fatto parare un rigore da Howard e Bilyaletdinov che ha portato avanti l'Everton in avvio di ripresa. Da Costa pareggiava per il West Ham, ma all'84' Yakubu segnava il 2-1 che sembrava condannare gli Hammers. Due minuti dopo, però, Ilan, uno di quei tanti attaccanti brasiliani che passano una onesta carriera nelle "piccole" d'Europa senza però brillare mai troppo, la metteva dentro, facendo scatenare Zola in una serie di salti davanti alla panchina.
Insomma, il West Ham ci crede ancora, nonostante la crisi economica che ha rischiato di travolgere il club e non ha permesso acquisti per rafforzare la squadra. A metà stagione la proprietà islandese del West Ham era praticamente in bancarotta visto che il presidente Bjorgolfur Gudmondsson è pure presidente e maggiore azionista della Landsbanki, una delle banche più importanti d'Islanda, in crisi nera coem tutti gli istituti di credito dell'isola dei geiser. Il club è quindi passato in amministrazione controllata e, dopo aver rischiato di finire nelle mani di Cellino, è ora di due imprenditori inglesi. Lui, però, Gianfranco, ha tirato dritto, convincendo i giocatori che si può fare. "Non ci interessava aver perso sei partite di fila, sapevamo che potevano ancora provarci fino in fondo", aveva detto ai suoi il sardo.
Ora il West Ham è quart'ultimo, con un punto di vantaggio sull'Hull City che sarebbe la prima delle retrocesse ma ha una gara da recuperare, il 21 aprile contro l'Aston Villa che è in pieno sprint per l'Europa League. Agli Hammers mancano invece solo cinque partite alla fine, di cui tre ad Upton Park dove, il 24 aprile, arriverà il Wigan in uno scontro diretto cruciale. Quando era una stella del Chelsea, Zola veniva chiamato dai tifosi "Magic Box", ora dalla scatola può tirare fuori ancora una splendida magia.